Il terzo millennio ha sconvolto la vita a tutti coloro che ascoltavano i romantici racconti epistolari dei propri genitori e nonni e ha fatto immergere la nuova generazione in una nuova era, ovvero l’era digitale.

Le potenzialità e i benefici di questa epoca probabilmente non possono essere descritti in maniera esaustiva in quanto ormai in rete è possibile amare, studiare, comprare, sognare… è possibile, in altre parole, vivere.

La dipendenza da Internet

In una rivoluzione cosi radicale, tuttavia, non possiamo trascurare un dato molto importante: l’aumento preoccupante di casi di dipendenza da Internet (Internet Addiction Disorder). I dipendenti da internet sono coloro che si allontanano dalla vita reale isolandosi dagli affetti familiari e da ogni barlume di vita sociale per rifugiarsi in una realtà completamente virtuale. È opportuno dire che non è propriamente l’uso di Internet a causare dipendenza, ma l’abuso di numerose attività che è possibile svolgere attraverso la rete. È facile intuire che tra le attività più gettonate su internet ci sono i social network, un servizio internet che facilita la gestione dei rapporti sociali e consente la comunicazione e la condivisione attraverso mezzi multimediali. Questi servizi, che si perfezionano continuamente, hanno cominciato a diffondersi agli inizi degli anni ’90 fino a crescere sempre più di importanza e adattandosi bene a ciò che la società oggi richiede all’individuo.

La società oggi chiede di “correre”, di battere la concorrenza con il miglior risultato nel tempo più breve possibile e di conseguenza le relazioni interpersonali ricercate sono quelle più flessibili, più facili, più veloci e meno vincolanti e i social network permettono tutto ciò.

Equilibrio tra vita online e offline

Un grande sociologo, Zygmunt Bauman, spiega come i legami tra le persone ora siano stati sostituiti dalle “connessioni” e di come le comunicazioni iniziano con “online” e  finiscono con “offline”.  Molti soggetti, attraverso questi servizi,  trovano il modo perfetto per nascondere le loro insicurezze e per esprimere le loro emozioni senza dover sopportare un confronto face-to-face che tanto spaventa in una società in cui l’immagine, in alcuni contesti, è un criterio di giudizio.

A prescindere dagli aspetti più problematici dati dall’abuso dei social, per evitare che la tecnologia influenzi in maniera totalizzante le nostre relazioni e quelle dei nostri figli impegniamoci nel ricordare ogni giorno, nel tram tram delle nostre vite, la bellezza dello stare in contatto vero con le persone guardandosi negli occhi e non attraverso un display, la bellezza del comunicare rispetto al chattare e la bellezza nel chiamare le emozioni con il loro nome piuttosto che manifestarle con una emoticon.

Dott.ssa Vincenza Cetrangolo 
Psicologa Clinica